IN NOME DI SUA MAESTÀ UMERTO I
Per grazia di Dio e per volontà della Nazione
RE D'ITALIA
Il R. Tribunale di Milano, sez. IV sedenti gli Ill. Signori
Presidente Oppizio Vincenzo
Giudice Benetti Riccardo
Giudice Alemani Pietro
coll'intervento del sig. Zanchetta Sostituto
Procuratore del Re non presente quest'ultimo alla votazione
Ha pronunciato la seguente
SENTENZA
NELLA CAUSA PENALE CONTRO
Masnini Decornati Don Sante Giuseppe fu Luigi e fu Marianna Moretti nato a Belgioioso residente a Piacenza, d'anni 55 Sacerdote e prelato Pontificio
Imputato
del reato di cui all'art. 247 C .P. e 1° legge 19 luglio 1894 N. 315 per aver scritto e pubblicato in Milano un opuscolo in omaggio al Novello Sacerdote don Luigi Masnini intitolato: “Prete e proletario” che comincia con le parole: “Il secolo che” e termina con le altre “unitevi in Cristo” nel quale opuscolo, e specialmente nel secondo brano, si contengono concetti incitanti all'odio fra le classi sociali in modo pericoloso per la pubblica tranquillità.
In esito all'odierno dibattito sentito il P.M. e l'imputato che ebbe primo ed ultimo la parola coi suoi difensori.
Attesocchè è risultato dalla pubblica discussione.
Negli ultimi di settembre 1898 il prelato pontificio Masnini Decornati Mons. Giuseppe fece stampare dalla tipografia Associazione Salesiana di Milano n. 350 copie dell'opuscolo incriminato, intitolato: <<Prete e Proletario>> che intendeva offrire in omaggio al suo nipote novello sacerdote Don Luigi Masnini, nell'occasione della sua terza messa (non essendo più in tempo a farlo per la prima) e distribuire agli amici che sarebbero intervenuti al convito indetto per detta circostanza a Belgioioso. Il Convito ebbe luogo il due ottobre e Mons. Masnini distribuì nella circostanza agli amici convitati come egli stesso ammette n. 130 copie circa dell'opuscolo, le rimanenti le avrebbe portate con sé a Piacenza, con l'intenzione di farne distribuzione ad altri sacerdoti suoi amici, ma, essendo poi venuto a conoscenza come la Regia Procura Generale di Milano intendeva procedere penalmente per detta pubblicazione, le avrebbe poi abbruciate come egli asserisce, (ad ogni modo non vi è prova in contrario) meno sei che furono trovate nella perquisizione preordinata nel suo domicilio in Piacenza.
L'imputato dice di aver stampato il detto opuscolo al solo scopo di rilevare un fatto sociale che la sua coscienza ha osservato dopo trenta anni di vita spesa in aiuto e lenimento della miseria del proletariato e lo dedicò al nipote nella intenzione di dare sprone al novello sacerdote nelle opere del suo ministero, senza intenzione di incitare all'odio fra le varie classi sociali. Attesochè nel determinare la incriminabilità di uno stampato si deve esaminare il complesso medesimo e non fermarsi a frasi staccate per giudicare se nello stampato si contengono gli estremi di un reato.
L'imputato nel suo opuscolo comincia dal rilevare il fatto della questione sociale che, espressione di bisogni, diritti ed aspirazioni legittime, fa giganteggiare il dissidio tra proprietari e proletari, cha va a passo a passo tramutandosi in vera lotta di classe.
Accenna con parole ardenti alla borghesia moderna senza coscienza e senza viscere che ha in mezzo ai popoli una feudalità più avvelenata di quella medievale nelle fila di un immenso esercito di diseredati, cui è stata rapita la fede; al capitalismo che usurpa la più gran parte del prodotto del lavoro del proletario; all'usura vorax che genialmente nel ceto agricolo ruba ogni margine di risparmio; al lavoro oppressivo degli operai e specialmente dei fanciulli e delle donne che avvizziscono e muoiono di tubercolosi a 20 anni; del contadino che non guadagna di che sfamarsi e per contro alla brama selvaggia nelle classi agiate di sempre maggiori acquisti alle ricchezze, sperperati in lussi sfrenati e nello scandaloso godimento della vita; all'abuso dei padroni senza fede, all'indifferenza dei ceti dominanti che spinge fatalmente i sofferenti ad ingrossare le file collettiviste che abbacinate nel fascino socialista sperano fidenti in un'era migliore (pag.7.8.9).
Si rivolge, poi, al clero come a quello che ha una missione da compiere nelle attuali circostanze e lo esorta ad affrontare la questione sociale, richiamando il proletario alla chiesa e ai dettami del vangelo (pag. 13.14) a salvare la società dall'odierna rovina a consacrarsi tout pour le pouple non solo in chiesa ma anche in piazza, nell'officina e dovunque si agitino i diritti dell'uomo, predicando i canoni del vangelo e riconducendo la pace, la giustizia, la carità nel seno della società, a sostituirsi ai socialisti che sfruttano la miseria, cercando di avere in mano dei docili strumenti di disordine e di rivoluzione, a far guerra all'usura e migliorare le condizioni economiche dei proletari, applicando le diverse forme del convito, casse rurali, assicurazioni, magazzini di consumo, società di mutuo soccorso ecc. (pag. 20.24).
Termina l'autore con un'invocazione al giovane clero perché si dedichi al proletario che soffre lontano da Cristo, agitando compatto il vessillo della chiesa perché si unisca in grido (a capo).
Attesocchè nessuna frase si legge nell'opuscolo che aiuti a violenze o minacce o in qualunque a delinquere ed il solo fatto di porre in rilievo, sia pure con esagerazioni le diverse ed opposte condizioni economiche del proletario e del ricco, e l'inversa condizione dei medesimi per incitare alla lotta per i diversi imbrogli onde conseguire il miglioramento economico e morale della classe disagiata non costituisce il reato di cui all'art. 247 c.p. quando non sia inquinato, almeno potenzialmente, da incitamento alla violenza o in altro modo a delinquere; lo dimostra il fatto che detto articolo è collocato nel capo 1° del titolo V del codice penale che si intitola “della istigazione a delinquere” ed è ormai concorde in giurisprudenza.
Questa lotta è insita nelle condizioni della umana natura ed è coefficiente di progresso e di civiltà.
Attesochè, sebbene alcuni periodi dell'opuscolo, presi isolatamente, possano far credere ad intenzione nell'autore di eccitare all'odio fra il ricco ed il povero, esaminato invece nel suo complesso, lascia per lo meno dubbio su tale intenzione specialmente quando si abbia riflesso al frammento sopra accennato di sostituire il clero al socialismo ed al collettivismo, per evitare la rivoluzione ed altri brani del genere di questo, che si legge a pag. 25: “l'opera del sacerdote è opera eminentemente di conciliazione e di pace, di carità e di giustizia; sono le condizioni odierne che legano ed avvicinano più saldamente il ministro di Dio alla schiera dei diseredati, senza essere mai nemico, ma efficace cooperatore dei ceti superiori che comprendano ed adempiano le doverose loro funzioni sociali.” brani che si accordano invece colla intenzione dichiarata dall'imputato di essere stato ben lungi, anche per il suo carattere, dall'istigare all'odio fra le classi.
Attesochè non vi potrebbe nemmeno si doveva sfidare l'altro estremo del reato di cui al citato articolo e cioè il modo pericoloso per la pubblica tranquillità; oltre che per quanto si è già detto, anche per il numero delle copie stampate, l'indole intima di comunicazione del medesimo a persone che non appartengono al ceto che si vorrebbe eccitato all'odio, e specialmente a sacerdoti e per non considerare che l'opuscolo stesso fosse destinato alla libera vendita.
Visto pertanto l'art. 397 c.p.p. giudica non farsi luogo a procedere pel fatto addebitato all'imputato Masnini Decornati Don Sante Giuseppe per inesistenza di reato.
Restituirsi all'imputato gli opuscoli in giudiziale sequestro.
Milano, 26 Novembre 1898
Oppizio Vincenzo ff. di presidente
Benetti
Alemani
Marmonti (*)
(*) AGAS, Copia della Sentenza pronunciata dal Tribunale penale di Milano - sez. IV penale – nei confronti di Mons. Masnini De Cornati Sante Giuseppe